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In collaborazione con il Servizio Musei e Biblioteche del Dipartimento Scuola, Educazione, Promozione Turistica, Cultura e Sport
L’opera in mostra
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#1 – Il Polittico Griffoni di Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti
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Bologna, Palazzo Fava, dal 12 marzo al 28 giugno 2020
Il Polittico Griffoni rappresenta uno degli esempi più straordinari del Rinascimento italiano. I dipinti che lo compongono furono realizzati per la cappella di famiglia di Floriano Griffoni nella Basilica di San Petronio a Bologna, tra il 1470 e il 1472, da Francesco del Cossa e dal più giovane Ercole de’ Roberti, i quali avevano operato alla corte estense costituendo, con Cosmè Tura, quella che fu chiamata “l’Officina ferrarese”. Per la prima volta, a trecento anni dalla sua scomposizione, è possibile ammirare uno dei massimi capolavori del Rinascimento italiano in tutta la sua interezza.
La straordinarietà dell’evento, reso possibile grazie al ricongiungimento delle singole parti, si comprende valutando come esse provengano dai più grandi musei del mondo: National Gallery di Londra, Pinacoteca di Brera, Louvre, National Gallery of Art di Washington, Collezione Cagnola di Gazzada (Va), Musei Vaticani, Pinacoteca Nazionale di Ferrara, Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e Collezione Vittorio Cini di Venezia.
#2 – Guido Reni, La strage degli innocenti, 1611, Pinacoteca Nazionale di Bologna
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Se Guernica di Picasso è il dipinto universalmente noto per la rappresentazione di un massacro, non va dimenticato come il pittore catalano avesse bene a mente i tanti capolavori che, nei secoli precedenti, descrissero questo tema: uno di essi è la Strage degli innocenti di Guido Reni che, ai suoi tempi, rappresentò, nella forma, il perfetto contraltare alla maniera di Caravaggio.
L’artista bolognese infatti, anziché comporre la scena con crudo realismo, prese a modello Raffaello, raffigurando la carneficina con quell’equilibrio classicista che, in quegli anni, si andava affermando presso la corte papale e le più potenti famiglie aristocratiche di Roma. L’ammirazione per Guido Reni si riscontra già fra i suoi contemporanei, tanto che il critico seicentesco Giovanni Pietro Bellori sostenne che egli dipingesse la bellezza non quale si offriva agli occhi, ma quale la vedeva nell’Idea, considerato che, in natura, le cose non possono mai essere perfette. La magnificenza dell’opera perdurò nel tempo, cosicché, nel 1796, durante le campagne francesi, Napoleone Bonaparte requisì il dipinto che venne esposto accanto ai più grandi capolavori del Louvre. Fortunatamente, in epoca successiva, la tela venne recuperata tanto da essere oggi custodita nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.
#3 – Alla Ricerca di Piero
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Aldous Huxley considerava La Resurrezione di Piero il dipinto più rappresentativo della pittura mondiale (“the greatest picture in the world”): parole scritte nel 1925 forse retoricamente esagerate ma che preservarono Borgo di San Sapolcro dal bombardamento alleato.
La figura ieratica e maestosa di Cristo risorto sembra la raffigurazione del sogno dei militi addormentati che, simbolicamente, si erge a protettore del paese natale di Piero della Francesca. L’artista, cultore dell’integralismo prospettico, riconduce i corpi e lo spazio che li contiene al fascino metafisico dei cinque poliedri regolari. Le figure, monumentali e impassibili, comunicano una serenità immutabile: è l’immobilità senza tempo dei teoremi di Euclide. Solo un soldato, risvegliatosi per caso, sembra proteggersi gli occhi dalla visione epifanica.
Per info sulla visita:
http://www.museocivicosansepolcro.it/it/opere/piero-della-francesca/resurrezione
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La Madonna del parto è un affresco dipinto da Piero della Francesca per la chiesetta campestre di Monterchi. Si tratta di un’immagine che doveva essere perfettamente comprensibile alle persone che vivevano in campagna pur mantenendo il suo valore sacrale e, come scrisse Roberto Longhi: “perché a quei contadini non sorgesse dubbio circa la realtà della gravidanza, essa non appare più di fronte, ma in tre quarti dove il garbo incurvo delle doghe nella gran festa parla a sufficienza […]. Solenne come figlia di re […] essa è tuttavia rustica come una giovine montanina che venga sulla porta della carbonaia”.
Raro esempio nella storia dell’arte di umile solennità, l’affresco fu realizzato da Piero attorno al 1460 ed è conservato in un museo appositamente predisposto a Monterchi.
Per info sulla visita:
http://www.madonnadelparto.it
#4 – Le migrazioni nell’arte: Antonello da Messina e la scoperta dei fiamminghi da Palermo a Venezia
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Lo storico dell’arte Roberto Longhi riteneva che Antonello avesse dipinto «la più bella mano che si conosca nell’arte». Tanto la tecnica che l’iconografia adottata da Antonello è, per i tempi, assolutamente rivoluzionaria. I pigmenti non sono più mescolati all’uovo, come nella tempera, ma all’olio vegetale, che consente una maggiore lucentezza e trasparenza ottenute per velature sottili. Anche il soggetto dell’Annunciazione è innovativo poiché, eliminato l’angelo annunciante, rimane soltanto il rapporto diretto fra l’osservatore e la Madonna, in un dialogo guidato sapientemente dall’illusione spaziale e cromatica. Giorgio Vasari, nel 1550, attesta che fu Antonello ad apprendere e diffondere il segreto della pittura a olio dei fiamminghi abilissimi nella resa dei particolari. Sono innovazioni che il siciliano Antonello portò fino a Venezia cambiando definitivamente il volto della pittura veneta anche se resta un mistero chi abbia chiamato Antonello nella città lagunare nella quale ricevette un numero importante di commissioni.
Per info: http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/palazzoabatellis/home.htm
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Giovanni Bellini e Giorgione furono talmente impressionati dalle opere realizzate in Venezia da Antonello che la loro pittura non è spiegabile senza il confronto serrato con le opere del messinese. Lo testimonia la Pala di San Giobbe di Giovanni Bellini. Nel dipinto la Madonna, come quella di Antonello nella Pala di San Cassiano (oggi a Vienna), è il centro della composizione e, per la prima volta, la sacra conversazione si svolge all’interno di una chiesa. La vergine, posta su di un trono, domina i santi che si collocano in posizione semicircolare con un effetto dinamico che supera la staticità delle pale gotiche precedenti. Memore dell’illusionismo teatrale dell’artista siciliano Bellini dipinge il braccio di San Francesco proteso in avanti che invita l’osservatore a instaurare un dialogo muto con le figure sacre. La luce di Antonello pervade la pittura di Bellini; un’illuminazione diffusa che ammorbidisce tutte le forme con passaggi morbidi dalla luce all’ombra.
Per info:
https://www.venetoinside.com/it/attrazioni-e-musei-in-veneto/biglietti/galleria-dellaccademia/