Trieste sottotraccia

# 1 – Antica Sinagoga del quartiere ebraico

Quanto resta dell’antica Sinagoga

Le demolizioni spesso lasciano tracce materiali che sembrano delle moderne installazioni. È il caso del profilo sbiadito delle scale della Scola Piccola ancora visibile sulla facciata cieca in via Tor Bandena. È quanto resta di questa antica sinagoga triestina posta nel quartiere ebraico, demolito nel 1937, per far largo al rinnovamento urbanistico ad opera dell’architetto Marcello Piacentini. Un tanto per non sottovalutare mai il fatto che la storia degli edifici è indissolubilmente legata agli uomini che li hanno abitati, vissuti, amati e alle volte sofferti. Giova a questo riguardo citare un libro bellissimo che non ci si stanca mai di sfogliare e leggere: Memorie di Pietra. Il Ghetto ebraico, La Città vecchia e il piccone risanatore. Trieste 1934-1938 (a cura di D. De Rosa, C. Erné e M. Tabor, Trieste 2011).

#2 – Dino Predonzani e la Madonna dei Fiori

Madonna dell’edificio dell’INAIL (via Teatro Romano)

Nella piccola cappella della Madonna dell’edificio dell’INAIL (via Teatro Romano) sono collocati due dipinti per adornare il piccolo sacrario, realizzato nel 1957, dedicato la cosiddetta Madonna dei fiori. I quadri, protetti da un vetro, furono realizzati dall’artista triestino Dino Predonzani. Il formato orizzontale e il rigoroso taglio compositivo conferisce ai dipinti un’atmosfera metafisica che rievoca i pittori italiani dei primi del Quattrocento. Sono due piccoli capolavori nei quali l’attenzione per gli effetti di trasparenza e opacità del colore si associa ai dettagli più minuti che l’osservatore può scoprire con un’attenta osservazione.

#3 – Stazione Rogers

A pochi passi dal Museo del Mare è possibile godere di un piccolo gioiello dell’International style degli anni Cinquanta: La stazione di servizio Aquila di Ernesto Nathan Rogers. Realizzato dagli architetti noti con l’acronimo di BBPR è situato sulle rive prospicienti i club nautici e il porticciolo e, seppure si tratti di un edificio di tipo industriale, non appare affatto in contrasto con l’ambiente circostante. Rifulge per la dinamicità dei tre corpi di fabbrica sfalsati l’uno rispetto all’altro e il cornicione aggettante che ne accentua lo slancio orizzontale. La sera, l’illuminazione dall’interno, esalta il suo disegno armonioso e le coperture a volte, sostenute da sottili pilotis, evocano le onde del mare.

#4 – Stazione Bunker della Stazione

Sembra un’opera d’arte concettuale ma non lo è. Si tratta invece di uno dei pochissimi bunker tedeschi sopravvissuti – sia pur solo parzialmente – nell’area cittadina e si trova all’altezza del Magazzino 26, addossato al muro che separa il comprensorio ferroviario dal Porto Vecchio. Esso faceva parte del massiccio dispositivo di difesa antisbarco approntato dai tedeschi nell’area portuale. Tale dispositivo, volto ad ostacolare un ipotetico (ma alquanto improbabile) sbarco alleato tra le Rive e il Porto Vecchio, era costituito da alcuni grossi bunker con postazioni per artiglieria e mitragliatrici, nonché da un lungo muro di difesa che arrivava sin quasi al cavalcavia di Barcola. Un breve segmento di tale manufatto è ancora visibile nella parte retrostante della Sala Tripcovich, mentre un altro segmento dotato di bunker per mitragliatrice sopravviveva sino a pochi anni fa tra il Teatro Miela e quello che sarebbe diventato il Magazzino delle idee.